Il Castello

Castello PiccolominiIl Castello di Celano è generalmente noto come «Castello Piccolomini»: questa denominazione pone l'accento su una datazione quattrocentesca del complesso architettonico. In realtà la prima fase della costruzione avvenne, con molta probabilità, intorno al 1392; fu in questa data, infatti, che il conte di Celano, Pietro Berardi, ordinò l'edificazione della Chiesa di Sant'Angelo e dell'antico convento dei Celestini, donando ai monaci il suo antico palazzo1. Si suppone, quindi, che al momento in cui il conte lasciò la sua vecchia dimora l'edificazione del nuovo castello sulla cima del colle S. Vittorino fosse iniziata da qualche tempo2. In questa prima fase furono costruiti la cinta muraria ed i primi due piani del mastio fin sotto la cornice marcapiano3.
Per avere altre notizie sul castello bisognerà attendere il tempo del matrimonio della contessa Icobella4, nipote di Pietro, con Lionello Acclozzamorra5 il quale riprese la costruzione dell'edificio nel 14516, portando quasi a compimento l'opera con la realizzazione del piano nobile, del cammino di ronda e delle quattro torri d'angolo7.
Nonostante i due tempi di edificazione abbiano dato al castello diverse caratteristiche di stile, la costruzione nel suo insieme si presenta compatta ed armonica tanto da far pensare che anche le opere realizzate in un secondo tempo facevano parte del progetto iniziale. L'Acclozzamorra fece forse abbassare le torri angolari, essendo cambiati i canoni costruttivi medioevali in funzione dell'evoluzione dei mezzi d'offesa, e realizzò l'apparato a sporgere con il soprastante cammino di ronda a pari altezza lungo tutto il perimetro dell'edificio, per facilitare lo spostamento dei difensori.
Nel 14958, con la morte di Ruggerotto, figlio di Icobella e dell'Acclozzamorra,Castello Piccolomini si estinse la dinastia dei Berardi, ma già dal 1463 Antonio Todeschini Piccolomini, nipote di Papa Pio II, era stato investito della contea di Celano da Ferdinando d'Aragona.
Il Piccolomini apportò un grande contributo architettonico alla struttura del maniero, trasformandolo in palazzo residenziale anche se i suoi interventi si limitarono a completamenti, aggiunte e decorazioni9.
Egli, infatti, completò il secondo piano del loggiato del cortile con archi a tutto sesto impostati su capitelli recanti i simboli della sua famiglia: la croce e la luna falcata. Fece aprire diverse finestre fra le quali quella rettangolare del prospetto principale decorata con mostra a cassettoni, e fece realizzare molte loggette pensili poste sugli sbalzi poggianti su beccatelli in pietra ancora oggi visibili sulle pareti dell'edificio.
Più incisivo, invece, fu l'intervento che Antonio Piccolomini effettuò sulla cinta muraria: egli rinforzò gli angoli più esposti della spezzata che segue le curve di livello, inglobando le vecchie torri ad "U" con delle grandi torri circolari munite di scarpa nella parte inferiore. Inoltre, per dare maggiore protezione agli ingressi ampliò la cinta stessa in corrispondenza di essi munendoli di antiporta. L'ingresso pedonale a sud-est fu preceduto da un rivellino triangolare con torre circolare ad angolo10.
Nel 1591 i Piccolomini vendettero la contea di Celano a Camilla Peretti sorella del Pontefice Sisto V11.
Ad un membro di questa famiglia si riferiva l'iscrizione posta sull'ingresso del castello, oggi leggibile solo nella prima riga12.
Nel 1647 Celano fu coinvolta con tutta la Marsica nella rivoluzione napoletana di Masaniello contro i Borboni Castello Piccolomini, portaleed il castello fu occupato dai rivoluzionari appoggiati dal Barone Antonio Quinzi dell'Aquila. Dopo la pubblicazione di un editto rivoluzionario del Quinzi (8 gennaio 1648), il governatore d'Abruzzo Pignatelli inviò nella Marsica il mercenario Pezzola ad assediare il castello. Dopo numerosi attacchi falliti, solo alla fine della sommossa di Napoli il castello e la città si arresero13.
Dopo i Peretti la contea di Celano passò ai Savelli14; anche il nome di questa famiglia figurava in un'iscrizione, oggi distrutta, posta sopra l'arco dello scalone che conduce al piano nobile15.
In seguito la contea passò agli Sforza-Cesarini e successivamente agli Sforza Cabrera Bovadilla, ultimi conti di Celano prima dell'abolizione dei feudi (1806). I beni della contea vennero amministrati per tre quarti dal marchese Claudio Arezzo e per il resto dalla marchesa Giacinta de' Torres16 alla quale successero i Dragonetti.
Durante il secolo XIX le strutture murarie dell'edificio hanno subito danni dovuti all'incuria dei numerosi proprietari e a diverse scosse telluriche che hanno provocato crolli forse di poco conto, ma mai riparati da alcuno17.
II catastrofico terremoto che si abbatté sulla Marsica il 13 gennaio 1915 cancellando interi centri abitati, provocò gravissimi danni anche al castello di Celano: crollarono molte volte e tutti i solai, il doppio loggiato dei cortile, parte del cammino di ronda e delle merlature e tutte le loggette pensili; le torri angolari denunciarono gravi lesioni e quella a sud-est risultò distrutta per metà della sua altezza. L'edificio fu lasciato in completo stato di abbandono per più di 25 anni, con gravi danni alle strutture già pericolanti.
Nel 1938 lo stato operò l'esproprio per pubblica utilità e nel 1940 iniziò i lavori di restauro che, dopo l'interruzione della seconda guerra mondiale, ripresero nel 1955 per terminare nel 196018.
L'intervento è consistito in una ricostruzione scientifica delle parti mancanti basandosi sulla abbondante documentazione fotografica esistente. Nella reintegrazione delle strutture portanti si è tenuto conto delle norme antisismiche vigenti in Italia, usando, dove necessario, il cemento armato.
La cinta muraria, che all'inizio del secolo risultava deturpata da aggiunte e soprelevazioni, è stata riportata alla sua semplicità originaria lasciando in evidenza solo gli elementi che ne caratterizzavano la funzionalità difensiva. Sono oggi visibili numerosi apparecchi di difesa come le feritoie poste a copertura dell'intera cinta, e le caditoie che proteggono le porte.
All'interno, a ridosso della muraglia difensiva, si notano dei ruderi fermati nella rovina dal restauro conservativo; erano evidentemente locali adibiti a stalle, cantine, depositi per le munizioni.
Dal lato sud-est, protetto da un fossato asciutto19, si accede al castello tramite il doppio ingresso, il primo con ponte levatoio, il secondo, più antico, con arco ogivale sormontato da una caditoia. La cinta circoscrive, oltre ad altri spazi verdi, la lizza di forma pressoché circolare attualmente utilizzata in estate per rappresentazioni teatrali. Castello Piccolomini, cortile
Il palazzo vero e proprio si presenta subito con le caratteristiche di un edificio residenziale, soprattutto nel piano nobile. I primi due piani hanno poche aperture alcune delle quali di dimensioni molto ridotte; notevole è il portale d'ingresso che si apre nel prospetto sud-est. Esso è caratterizzato da due archi, uno a sesto ribassato e l'altro che lo circoscrive a sesto acuto; il Perrotti ritiene sia di scuola senese con influenze napoletane del periodo durazzesco20.
Una cornice marcapiano, che corre lungo tutto il perimetro dell'edificio, segna la linea d'imposta delle finestre del piano nobile realizzate da Lionello Acclozzamorra. Si notano su questo piano numerose finestre bifore archiacute, l'una diversa dall'altra, ornate con capitelli e decori vari; una splendida trifora che si apre sul prospetto nord-ovest ed alcune finestre quadrangolari decorate realizzate dal Piccolomini.
L'intera costruzione è coronata da un apparato a sporgere continuo sorretto da beccatelli in pietra a due sbalzi posti su archetti in mattoni. Agli angoli del perimetro rettangolare di base emergono quattro torri merlate alte circa sei metri.
Entrando nel palazzo si accede, attraverso un androne voltato a botte, nel cortile con porticato a doppio ordine. Anche all'interno è leggibile sulle strutture architettoniche la storia del monumento nel tempo. Il porticato del piano terra infatti, raggiunge l'altezza dei primi due piani edificati dal conte Pietro, ed è formato da archi ogivali ancora in uso corrente in Abruzzo nonostante si fosse alla fine del Trecento. I soprastanti archi del piano nobile, invece, presentano un numero doppio di campate con archi a tutto sesto tipici dell'architettura rinascimentale.
I corpi di fabbrica si snodano con spessore quasi costante su ogni lato del rettangolo che costituisce la pianta di metri trentanove per cinquantuno di lato.
Al centro del cortile è situato il pozzo che dava la possibilità di utilizzare le acque piovane raccolte nella sottostante cisterna.
Gli interni si mostrano scarni nella loro essenzialità costruttiva essendo andati perduti numerosi affreschi di cui ci hanno tramandato memoria alcuni autori dell'ottocento. Restano alcune porte con cornici in pietra che disegnano timpani triangolari e con architravi poggianti su capitelli decorati con motivi vari e fantasiosi.
Sul loggiato del piano nobile si affaccia il portale della cappella privata di S. Andrea col blasone dei Piccolomini scolpito sull'architrave in pietra.
Castello Piccolomini, triforaIl collegamento fra i vari piani è possibile grazie allo scalone, posto a sinistra dell'androne d'ingresso, ed a varie scalette interne. Nella torre nord è situata una scala a chiocciola in pietra che conduce ad una piccola uscita di sicurezza. In corrispondenza di essa, infatti, è situata la torre circolare nord-ovest della cinta muraria, munita di una porta che dà all'esterno opportunamente protetta da una piccola caditoia. Tale apertura doveva servire in casi di assedio per il rifornimento di viveri e per l'ingresso di rinforzi. Il castello, data la sua struttura imponente ed i numerosi apparecchi di difesa «...si rivelò una fortezza inespugnabile ed i castellani quasi mai si arresero...»21.
L'edificio, un tempo centro della vita del paese e della contea di Celano, oggi funge da fulcro paesaggistico, essendo visibile per un raggio di molti chilometri da tutto il territorio del Fucino e dai monti circostanti. Emerge notevolmente per la sua mole e per la sua posizione anche rispetto al centro abitato che, urbanisticamente, si è sviluppato in senso avvolgente intorno ad esso.
Attualmente il monumento è sede di Uffici Periferici della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, dal 1992 è sede del Museo della Marsica. Inoltre l'edificio dispone di ambienti nei quali periodicamente vengono allestite mostre d'arte, organizzati convegni e manifestazioni di ogni genere rappresentando così un punto di riferimento per l'attività culturale della Marsica.

                                                                                                                            Maurizia Mastroddi


1P.A. CORSIGNANI. Reggia Marsicana. Napoli, 1738, parte I, Libro III, pag. 619.
M. FEBONIO, Historia Marsorum. Napoli, 1678, Libro III, cap. 7, pag. 233.
G. BARBATI, Monografia del castello di Celano. Casalbordino, 1893, pag. 8.
T. BROGI. La Marsica antica medioevale, Avezzano, 1979, vol. 11, pag. 377 «Pietro alla sua Celano, ove forse nacque, demolì il vecchio castello e su di esso cominciò a edificare la chiesa di S. Angelo... »

2G. BARBATI, op. cit. pag. 7 «L'anno preciso in cui vennero gettate le fondamenta e chi l'avesse architettato noi sappiamo....... ».

3Alcuni autori di testi di storia locale, fra i quali il Barbati, sostengono che il conte Pietro Berardi costruì l'edificio fin sotto i beccatelli sorreggenti l'apparato a sporgere; Perrotti e Perogalli ritengono, invece, che la costruzione si fermò al primo piano. La seconda ipotesi è quella più attendibile considerando i caratteri stilistici e le dimensioni delle finestre che si differenziano notevolmente fra loro nelle due parti dell'edificio divise dalla cornice marcapiano.

4Icobella, o Iacovella, o Covella, o Giovannella. Si ritiene opportuno ricordare questa figura femminile che emerse nella storia della Marsica. tracciando una sintesi della sua vita: il padre di Icobella, Nicola conte dei Marsi, morì lasciandola erede dei suoi beni, ma questi vennero incamerati da Giordano Colonna, conte di Albe, parente di Papa Martino V. Icobella stessa fu posta sotto la tutela di detto Papa il quale, in seguito, con l'intento di farla sposare con il nipote Odoardo, assegnò a quest'ultimo le contee di Albe e Celano.
Alla morte di Martino V, Icobella fuggì da casa Colonna e nel 1439 sposò il capitano Giacomo Caldora, il quale morì dopo pochi mesi.
Nel 1441 la contessa si risposò con Lionello Acclozzamorra con il quale governò serenamente per più anni. Alla morte di Lionello il loro figlio Ruggerotto. pretendendo l'investitura della contea di Celano, assediò la madre presso il castello di Gagliano, successivamente la tenne prigioniera presso il castello di Ortucchio fino all' «intervento del Papa Pio II che, dopo aver fatto liberare la contessa, le assegnò dei castelli in Puglia togliendo però definitivamente a lei e alla sua famiglia la contea di Celano.

5Acclozzamorra, o Acclozamora, o Acclozamorra, o Accrocciamura.

6G. BARBATI , op. cit, pag. 9. T. BROGI, op. cit. vol II, pag. 391. C. TOLLIS. Storia di Celano, Avezzano, 1967, pag. 103.
M. FEBONIO, op. cit., libro III, pagg. 233 e 234. P.A. CORSIGNANI, op, cit., parte I, libro III, pag. 592.

7Il Febonio ritiene che il castello sia stato completato dall'Acclozzamorra riportando il testo della lapide che, secondo lui si trovava nell'edificio in oggetto:

ME COMPLERE FECIT LIONELLUS                                    LIONELLO ACCLOZZAMORRA
ACCLOZAMORA MONACHORUM                                      MI PORTO A TERMINE
VITAM IN MELIUS REFORMANTEM                                   MIGLIORANDO LA VITA
DEI ANNO DOMINI MCCCCLI                                          MONACI. ANNO 1451

Il Corsignani, il Bindi ed il Perrotti sostengono, però, che la lapide si riferiva ed apparteneva al monastero dei Celestini. A sostegno di ciò si riporta il testo della lapide posta sul pavimento della chiesa di S. Angelo, annessa al convento dei Celestini, dove era sepolto l'Acclozzamorra (oggi la lapide non è più visibile in quanto il pavimento è stato rifatto):

LEONELLI ACCLOZAMORAE COMITIS REGI
ALPHONSO AB ARAGONA IN ARDUIS
FIDELIS, AC DE COENOBIO BENEMERENTI
OSSA HIC HUMANTUR
QUI SONO SEPOLTE LE OSSA DI LIONELLO ACCLOZZAMORRA
FEDELE SEGUACE DEL RE ALFONSO D'ARAGONA
NELLE DIFFICILI IMPRESE E BENEMERITO AL CENOBIO

P.A. CORSIGNANI, op.. cit., parte I, libro III, pag. 624.

8R. PERROTTI, Il castello di Celano nella storia e nell'arte della Marsica, Roma, 1949, pag. 7.

9I. C. GAVINI, Storia dell'architettura in Abruzzo, Milano-Roma. 1926, Vol. II, pag. 272. T. BROGI, op. cit., Vol. II, pagg. 406, 407 «Per Celano ebbe una particolare predilezione: vi ingrandì tra l'altro il castello, l'abbellì e vi fece opere di fortificazioni più adatte ai tempi per modo che il Feboni ebbe a dirlo piantato da lui ... » R. PERROTTI, op. cit., pag. 11.

10È doveroso ricordare che, tra il XV e il XVI secolo, a causa dell'espansione dell'abitato di Celano sul fianco del colle esposto a sud, fu costruita, per opera dei Piccolomini, la II cinta muraria con torri a base circolare. Il nucleo originario del centro, la cosiddetta «Cittadella», edificata nel 1227, era circondato dalla prima cinta muraria con caratteristiche torri quadrate.

11E. CELANI, Una pagina di feudalesimo, Città di Castello, 1893, pag. 15.

12Il testo è riportato dal CORSIGNANI, op., cit. , parte II, pag. 495; dal PERROTTI. op. cit., a pag. 2l; dal PICCIRILLI a pag. 66 dell'opera «La Marsica appunti di storia e d'arte» e dal BARBATI, op. cit., pag. 10:

MICHAEL PERETHUS                                      ROMANUS MICHELE PERETTI ROMANO
PRINCEPS VENAFRI                                       PRINCIPE DI VENAFRO
MARCHIO MOMENTANAE                                MARCHESE DI MENTANA
CELANIQUE COMES                                       E CONTE DI CELANO
M. DC. VIII                                                  1608

13L. LETTA, Notizie varie sulla Marsica Celano ed il Fucino, L'Aquila, pag. 59. R. PERROTTI, op. cit., pag. 8. P.A. CORSIGNANI, op. cit., parte I, vol. II, pagg. 97 e 98. C. TOLLIS, op. cit., pagg. 114 e 115.

14Maria Felice Peretti era sposata con Bernardino Savelli.

15T. BROGI, op. cit., pag. 428. R. PERROTTI, op. cit., pag. 9.
E. AGOSTINONI, Il Fucino, Bergamo, 1908, pag. 94.
A. CANTELMI, Storia di Celano, La Caput Marsorum, Pescara 1976, pag. 94:

GIULIO PRINCIPE SAVELLI
DUCA DI MARSI CONTE DI CELANO
BARONE DI PESCINA E SUO ANNESSI
CONTE DI CINCIONE PRINCIPE DEL
S.R.I. E Dl VENAFRO MARESCIALLO
PERPETUO DI S. CHIESA CUSTODE
DEL CONCLAVE GRANDE DI SPAGNA
CAVALIERE DEL TOSON D'ORO PATRONO
PERPETUO DI TUTTA LA RELIGIONE
DI S. FRANCESCO
1697.

16T. BONANNI, Monografia dell'antico e nuovo castello di Celano nei Marsi e della sua antica contea, L'Aquila, 1892, pag. 9.
A. Di PIETRO, Agglomerazioni attuali delle popolazioni della diocesi dei Marsi, Avezzano, 1896, pag. 128.

17G. BARBATI, op. cit., pag. 17 «... è a deplorarsi che [questo castello] diviso fra più padroni dopo l'abolizione del feudalesimo, siasi lasciato in balio delle intemperie, che in molti punti l'han fatto cadere e l'han ridotte a veri ruderi e ruine. Ma già il primo danno fu sofferto dal castello pel terremoto del 24 gennaio 1780, per cui cadde tutta la merlatura di una delle quattro torri poste agli angoli del maschio. E' da sperare che qualche mugnifico signore, od almeno il governo, dichiarandolo monumento nazionale, voglia, se non restaurarla, almeno far sì che la sua caduta si arresti e si mantenga quel tanto che oggi rimane in piedi».
E. AGOSTINONI, op. cit., pag. 94 «...La corona delle torri è in gran parte diruta, un lato del ballatoio è inservibile e pericoloso...»
«La reggia massiccia e le torri di difesa rattoppate e caricate di casette, sembrano un alveare umano. Il popolo gira dappertutto, entra senz'attesa di licenza ed abita tranquillamente una delle tante piccole parti del gran casa gentilizia».
«... Il popolo ha conquistato il castello senza sforzo perchè questo più non resiste, è in dissolvimento...»

18Lotti di restauro effettuati dal Genio Civile di Avezzano con la direzione artistica della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per I'Abruzzo:

1940 – 1° lotto, sgombero delle macerie;
1941 – 2° lotto, demolizione e ricostruzione delle parti pericolanti, ricostruzione del colonnato inferiore del cortile, sgombero delle macerie dei vani interni;
1941 – 3° lotto, rimontaggio degli elementi del secondo piano del loggiato del cortile. ricostruzione di alcuni muri interni ed esterni e di elementi caduti dalle torri, del cammino di ronda e delle finestre:
1943 - 4° lotto, ripresa delle lesioni, ricostruzione di muri interni ed esterni, di scale e coperture, consolidamento aperture;
1943 - 5° lotto, ricostruzione di alcuni muri e tetti;
1955-1957, restauro strutture danneggiate dagli eventi bellici;
1960, esecuzione di impianti di illuminazione ed igienici, di pavimentazioni e di porte interne.

19Molti autori, fra cui il BONANNI (op. cit., pag. 10) e lo STRAFFORELLO (La patria geografia dell'Italia Torino, 1899, pag. 73), parlano nei loro testi di un fossato che circondava tutta la cinta. Questa ipotesi è da ritenersi erronea in quanto il castello è situato sopra uno sperone roccioso che a nord forma uno strapiombo. Dunque si ritiene che il fossato sia sempre stato parziale R. PERROTTI, op. cit., pag. 21.

20R. PERNOTTI, op.. cit., pag. 21.

21L. LETTA, op. cit., pag. 59.